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Il comparto lattiero caseario nazionale, nel suo complesso, ha chiuso il 2021 registrando una buona crescita (+4,2% a valore rispetto al 2020), grazie in particolare alla forte ripresa delle vendite sui mercati esteri e in misura moderata allo sviluppo del...
Il comparto lattiero caseario nazionale, nel suo complesso, ha chiuso il 2021 registrando una buona crescita (+4,2% a valore rispetto al 2020), grazie in particolare alla forte ripresa delle vendite sui mercati esteri e in misura moderata allo sviluppo del mercato interno.
Le previsioni per l’anno in corso prospettano un quadro fortemente condizionato dall’evoluzione della guerra in Ucraina. Gli effetti del conflitto tra Russia e Ucraina e le crescenti tensioni internazionali che ne derivano stanno causando forti pressioni sui prezzi delle materie prime, già fortemente sollecitati dai rincari che hanno caratterizzato la ripresa post pandemia. Di opportunità e minacce che attendono la filiera latte parleremo martedì 24 maggio, in apertura del convegno digitale LattePiù.
Le sanzioni imposte alla Russia stanno facendo lievitare i costi dei fattori di produzione delle aziende, quali i costi dell’energia, già alti prima dello scoppio della guerra, ma anche i costi delle materie prime, incidendo irrimediabilmente su margini e redditività.
Inoltre, l’inevitabile incremento dei prezzi porterà l’export settoriale a subire dei contraccolpi negativi, anche se la minaccia principale per il lattiero caseario verrà dal forte incremento dei costi di produzione che, riducendo i margini, peserà sul futuro delle stalle.
Scambi commerciali del lattiero caseario con Russia e Ucraina
La chiusura dei mercati verso la Russia, in segno di solidarietà verso l’Ucraina, non avrà un impatto significativo per l’export settoriale. Di fatto, l’export verso la Russia, in forte sviluppo nel periodo 2005-2013, subì un forte ridimensionamento a partire dal 2014, quando, in seguito al primo intervento militare russo in Ucraina (febbraio 2014 con occupazione della Crimea), furono intraprese sanzioni internazionali da parte di numerosi stati contro la Russia, Italia compresa. Per quanto riguarda la tipologia di prodotti esportati, si trattava per oltre il 96% di formaggi, il resto era prevalentemente latte in varie forme.
L’export lattiero caseario verso l’Ucraina, per quanto ancora poco significativo, ha registrato nel biennio 2020-2021 una forte crescita, triplicando il fatturato. La tipologia di prodotti esportati in Ucraina vede la prevalenza di formaggi, che incidono per quasi il 90%, seguiti dal burro, in forte sviluppo.
Inesistente l’import di prodotti lattiero caseari dai due Paesi.
Le tensioni sulle materie prime e l’import italiano da Russia e Ucraina
Risulta diverso l’impatto del conflitto sulle materie prime, con un brusco e significativo aumento dei prezzi di quasi tutte le commodity, compresi gli alimenti destinati agli animali da reddito. Considerata l’importanza della Russia come fornitore globale di risorse naturali, si assiste a un nuovo shock dei prezzi medi sia delle materie prime (in particolare cereali, legno e alcuni metalli) sia dei prodotti energetici (soprattutto gas naturale). L’effetto delle sanzioni imposte dall’occidente e contro-sanzioni sta ulteriormente amplificando l’impatto complessivo sui mercati. Si segnalano, inoltre, fenomeni di discontinuità produttiva e barriere all’importazione su materie prime rilevanti a livello di filiere e di cicli produttivi (es. plastica, acciaio, carta, rame, alluminio e stagno).
Relativamente all’Italia, Russia e Ucraina rappresentano il 3,7% dell’import italiano a valore, pari a 17,0 Miliardi di euro (totale 2021). I principali prodotti importati dai due Paesi sono combustibili (gas, petrolio grezzo e raffinato, carbone) che incidono per oltre il 50% del totale e metalli (ferro, acciaio, platino, rame, alluminio) che pesano per poco più del 31%. Altre materie prime importate sono fertilizzanti, ghiaia, legno, cuoio, carta. Nel settore alimentare le importazioni riguardano principalmente mais (204 Mn di €) e grano tenero (57,5 Mn), olio e semi di girasole, legumi e zucchero. Dall'Ucraina importiamo soprattutto oli grezzi di girasole, mais e frumento tenero.
L’impatto sui principali alimenti zootecnici
Le conseguenze rendono critica la situazione degli allevamenti nazionali sul fronte dei costi di produzione, considerando la spinta inflazionistica che, ormai da diversi mesi, sta interessando i prezzi delle materie prime destinate all’alimentazione delle bovine (in particolare mais e soia).
I listini degli alimenti zootecnici sono cresciuti sensibilmente a partire dal 2021, arrivando a toccare livelli tra i più alti degli ultimi anni: i prezzi del mais sono passati da 189€/ton a fine 2020 ai 279 €/ton di dicembre 2021 fino a toccare i 381 €/ton a marzo 2022 (+36,6% nei primi tre mesi del 2022), mentre per la soia sono passati da 531 €/ton di dicembre 2021 a 691 €/ton (+30%). Stesso trend per l’orzo, con quotazioni passate da 203 €/ton di luglio 2021 a 303 € /ton a dicembre 2021 fino a 371,6 € /ton a marzo 2022 (+22,4% nei primi tre mesi).
Infine, sempre considerando gli input utilizzati per la produzione agricola, si segnala la rilevanza della Russia nella produzione ed esportazione di fertilizzanti. La Russia è, infatti, il primo esportatore a livello globale di fertilizzanti (13% del totale export mondiale) e la limitazione dell’export recentemente decisa dalla Russia avrà probabilmente l’effetto di acuire una tensione dei prezzi delle materie prime già in atto.
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